In un giorno dominato dalla paura collettiva della guerra gli stabiesi, residenti e non,
sono costretti a vedersela con i guai della loro città. Amarezza e dolore i sentimenti
prevalenti per lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni camorristiche.
E soffrono non di meno gli abitanti di Torre Annunziata e San Giuseppe Vesuviano,
nei quali arriva il commissario prefettizio. Un’onta pesante per tutti e che a
Castellammare connoterà nel tempo la storia un tempo gloriosa della città passata
nel volgere di qualche decennio dai fasti alle miserie. È evidente che non si è arrivati
a questo punto per un evento improvviso ma a conclusione di una serie di fattori di
decadenza civile e morale. Nessuno potrà gioirne perché un po’ tutti, chi con la
condivisione, chi con una debole opposizione, chi candidamente stava alla finestra
come se la sorte della propria città non lo riguardasse, ne portano in quote
ovviamente diverse la responsabilità.
Si vedrà meglio dalla lettura delle carte che cosa sia realmente accaduto a
Castellammare, quante e quali siano state le contaminazioni, le pressioni, gli accordi,
gli affari e chi e in quali sedi ne dovrà rispondere. La sintesi è che è stata scritta una
brutta pagina non solo della massima istituzione locale ma soprattutto della politica
perché è il suo decadimento che ha reso fragili le difese etiche, affievolito la
partecipazione e abbassato il livello del confronto fino alla compromissione
dell’interesse collettivo. La città ormai viveva di memoria del suo passato. Un tempo
lo scontro era stato anche durissimo, ma i partiti non erano un territorio riservato a
pochi come dimostravano le aspre contese che appassionavano e dividevano la città
ma la preservavano dalle ingerenze pericolose. Lo spartiacque era abbastanza netto
e potevi essere democristiano o comunista, liberale o socialista, repubblicano o
fascista (non ci si scandalizzi), ma da una parte c’era la città legale dall’altra il suo
contrario. Poi…
Con il terremoto del 1980 e i soldi della Ricostruzione avvenne la svolta decisiva. La
guerra di camorra lo testimoniò con le croci che riempirono ampi spazi del cimitero,
ma soprattutto fu evidente che i clan non vollero più stare fuori dalla porta. Certo,
dopo la storia non è stata lineare, Castellammare ha avuto buoni amministratori e
altri meno. Intanto cambiavano storia e geografia, lo Stato non garantiva più
l’apparato industriale e neanche le terme. Risultato: crisi doppia crisi, assenza di
un’alternativa percorribile, neanche il risanamento del Centro Antico da cui la città
sarebbe potuta ripartire. Addirittura con le Terme ormai fallite si continuava ad
assumere personale che non aveva nulla di cui occuparsi. Sullo sfondo la grande
partita del destino delle aree industriali della zona nord e gli appetiti su via De
Gasperi oggetto, tanto per cambiare, anche di inchieste giudiziarie. Ciliegina sulla
torta consigli comunali sciolti davanti al notaio, addirittura un paio di omicidi di
consiglieri comunali.
La crisi è diventata irreversibile da quando con i nuovi sistemi elettorali si vince
avendo più liste in una coalizione. A momenti c’erano più candidati che elettori.
Sulla carta questa poteva sembrare una buona occasione per allargare la

partecipazione ma invece si è solo abbassata la qualità della politica. E bastava
seguire da vicino una campagna elettorale per capire che cosa accadeva nel
“sottosuolo”. Anni fa chi scrive, sollecitato da un gruppo di stabiesi di antica
immacolatezza, si fece convincere a candidarsi. Il risultato era scontato e non fu
smentito dalle urne. Molti episodi da raccontare ma inutile tediare il lettore, solo
uno abbastanza emblematico. Una ventina di giorni prima del giorno del voto ci
recammo in un quartiere popolare nella zona di via De Gasperi. Bussammo a tutte le
porte di quei palazzi senza ascensori. Ci aprivano con il sorriso, si parlava sulla soglia,
molti ci facevano entrare e accomodare, discutevamo e ci offrivano il caffè.
Tornammo in quei palazzi e bussammo di nuovo nell’ultima settimana prima del
voto. Aprirono sì e no quattro cinque signore, che sbrigativamente, e non tutte,
presero il volantino e chiusero la porta. Che cosa era successo? Me lo spiegò un
vecchio commerciante della città: “Negli ultimi giorni sono scesi in campo i pezzi da
novanta”. Andò come diceva lui anche nel rione che era stato fino a qualche
decennio prima teatro di discussione e partecipazione.
A Castellammare molti si stanno chiedendo da dove riprendere un cammino
virtuoso. L’impresa è molto complicata. Lo Stato, anche con lo scioglimento del
consiglio comunale, interviene quasi sempre a cose fatte, sta ai cittadini trovare la
strada e imboccarla liberandosi dei lacci della nostalgia e sfruttando con equilibrio e
rispetto lo straordinario patrimonio ambientale e culturale che ancora si ritrovano. E
sarà dura a Torre Annunziata che, attaccata a Castellammare, vede anch’essa
lacerata la sua bandiera. Forse è tempo di farne di nuove.

*Articolo pubblicato il 25 febbraio 2022 sul Corriere del Mezzogiorno

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