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Draghi in cattedra

Draghi se la prende con Rete 4 perché ha consentito al ministro degli esteri russo di fare un comizio. Sul banco degli imputati, dunque, c’è il giornalista della rete Mediaset che lo ha consentito. Anche io mi aspettavo che lo stesso incalzasse Lavrov ma capisco la difficoltà dell’intervista con il ministro in collegamento televisivo e che con ritardo recepiva le timide sollecitazioni. Ma poi vedo le comode conferenze stampa del censore Draghi e i giornalisti a tappetino che fanno più complimenti che domande e mi chiedo: ma per caso il nostro si riferiva ai suoi comizi? E, per carità di patria, lasciamo perdere i miei colleghi, maestri di indipendenza e coraggio.      

Un papa con l’elmetto, subito

Si può pensare qualsiasi cosa ma solo immaginare che un papa possa chiedere di inviare armi a uno dei due contendenti di una guerra di aggressione e/o per procura pare improbabile. In primo luogo dovrebbe sconfessare il fondamentale postulato evangelico che si deve porgere la guancia sinistra a chi ti percuote la  destra, e le citazioni non finirebbero qui. Questa mattina papa Francesco, parlando con il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana,  non si è discostato dal Vangelo. Ma i maître à penser chiosano: “Anche il Papa è caduto nella propaganda di Putin”. Che si fa? O si manda a casa Francesco e si fa un altro papa, naturalmente con l’elmetto?  

La bomba che ci vola in testa

In 202 secondi una bomba atomica può raggiungere Londra dalla Russia e incenerirla. Non è fantascienza, solo una delle ultime uscite, questa di parte russa, nell’escalation delle parole che fanno eco alle bombe. Usa, inglesi e Nato da una parte e Russia non si risparmiano. In mezzo c’era l’Ucraina, ma ora ci siamo un po’ tutti. Noi italiani abbiamo fornito e forniamo armi a Kiev senza dichiarare guerra alla Russia ma siamo di fatto in guerra. Ogni tanto russi e inglesi evocano la guerra mondiale. E molti di noi  sono annichiliti da questa eventualità. Tranquilli, però, perché una bomba nucleare ci farà soffrire per pochi attimi, non piangeremo per nessuno e nessuno piangerà per noi.

Come volevasi dimostrare

Chi poteva e non può essere d’accordo sulla necessità di riaprire le scuole! Ma era inevitabile che queste sarebbero state un incontrollabile veicolo di contagio. E mi riferisco soprattutto alle scuole materne ed elementari. Tu puoi vaccinare insegnanti, presidi, bidelli e tutto il personale, richiedere e imporre loro rigorosissime misure di sicurezza, ma come  puoi controllare bambini dai tre anni in su e pretendere da loro distanziamenti e assenza di contatti. I risultati, leggo dal “Mattino”, sono chiari e scontati: il maggior segmento della diffusione del virus, pur in un contesto con elementi positivi, sono le scuole. Mi viene da dire: ci voleva la zingara per indovinare.

Taci, l’amico ti ascolta

Un amico carissimo, quasi mio coetaneo, intellettuale stimato da tutti e in particolare da me, da settimane pubblica sul social più frequentato post bellicosi sulla guerra. Non discuto le sue tesi ma sono sconcertato dai toni e anche dagli improperi che rivolge a chi non la pensa come lui o manifesti qualche dubbio sulla situazione, in particolare sul modo di porre fine alla tragedia che si sta consumando nell’Est europeo. Addirittura non lesina di offendere le persone. Ho evitato di intervenire perché mi dispiacerebbe che un’amicizia a cui tengo possa finire. Ne scrivo solo per dire che sulla guerra scrivo molto poco, quasi nulla. E mi chiedo dove ci porti la guerra delle parole e delle tastiere.

L’assessore delicato

In un forum del Mattino con l’assessore alla legalità e alla polizia municipale Antonio De Iesu si è parlato di tante cose ed anche, ovviamente, delle condizioni del traffico, della sosta abusiva e selvaggia e del ruolo dei vigili. Avendo ammesso che questi ultimi si sono “assuefatti” al comportamento di gran parte dei napoletani ha illustrato la sua linea d’azione: procedere con “delicatezza, passione e condivisione”. In altri termini l’ex questore, che di leggi si intende, si propone di persuadere “delicatamente” i vigili a fare il loro dovere che, riconosce, ora non lo fanno per “assuefazione”. Se ci riuscirà passerà alla storia, ma è lecito avere qualche dubbio.

Furto in Galleria, non è un film

Maledetta Galleria o maledetti ladri? Forse maledetta assenza di controlli. Un furto di quasi un chilometro e mezzo di rame (serviva per i tubi di aerazione) impedirà l’imminente riapertura del tunnel rinviandola a chissà quando: Natale? Lo si spera. Ma è davvero sconcertante che in un cantiere di lavoro aperto da mesi e frequentato da operai, tecnici, amministratori, supervisori e alla fine magistrati, i ladri abbiano potuto lavorare in tranquillità: ci sarà voluto un camion per portare via la refurtiva. Ora che il materiale prezioso è volato via, qualche domanda bisognerà pur farsela sulla vigilanza diurna, notturna e festiva. Ma già si prepara un film: Operazione Galleria Vittoria. 

Come volevasi dimostrare

Chi poteva e non può essere d’accordo sulla necessità di riaprire le scuole! Ma era inevitabile che queste sarebbero state un incontrollabile veicolo di contagio. E mi riferisco soprattutto alle scuole materne ed elementari. Tu puoi vaccinare insegnanti, presidi, bidelli e tutto il personale, richiedere e imporre loro rigorosissime misure di sicurezza, ma come  puoi controllare bambini dai tre anni in su e pretendere da loro distanziamenti e assenza di contatti. I risultati, leggo dal “Mattino”, sono chiari e scontati: il maggior segmento della diffusione del virus, pur in un contesto con elementi positivi, sono le scuole. Mi viene da dire: ci voleva la zingara per indovinare.

La rivincita di Conte

«Mi ricordo bene l’inizio della pandemia e l’appello dell’Italia all’Europa. Gli italiani chiesero la solidarietà ed il coordinamento dell’Europa. L’Italia aveva ragione. l’Europa doveva intervenire. E questo è quello che abbiamo fatto». Così Usula Von der Leyen, presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen. Comunque la si voglia pensare, questo riconoscimento al nostro paese, al nostro governo, al presidente che lo guidava – Giuseppe Conte, è rilevante. Draghi non c’era ma l’Italia qualche punto lo aveva già conquistato in un’Europa fino a quel momento dominato da Germania e Francia. Poi si dica quel che si vuole ma questo è un fatto che varrà a futura memoria. Storia, si può dire?

L’Inter e il Gange

Ci sono differenze tra i trentamila che festeggiano a piazza Duomo il campionato dell’inter e i milioni di persone che si bagnano nel Gange. I numeri, poi il tifo e la religione, infine l’igiene, ma anche il vaccino. Perché se da noi la campagna di vaccinazione procede bene, in India, dove i vaccini li producono, il miliardo e quattro cento milioni di abitanti non sa che cosa siano. Pur tuttavia in questo “liberi tutti”, che  a Milano trova il suo trionfo, c’è sì la voglia di normalità ma anche la persistenza di un’irresponsabilità. I numeri, dicevo, sono imparagonabili ma perché non riesco a non associare la fila dei camion dell’esercito italiano con le bare e le fiamme che bruciano i corpi degli indiani?

Finalmente

Ce n’è voluto. Dopo mesi di segnalazioni, denunce, richieste, controversie condominiali e quant’altro questa mattina è stato cancellato il primo murale che inneggia a camorristi trasformati in eroi perché morti durante rapine o in conflitti tra clan. Un’operazione congiunta tra Polizia di stato e Polizia municipale dopo una delibera del Comune. Un blitz, lo hanno chiamato e si capisce data la materia di cui si tratta, né sono mancati momenti di tensione. Il primo intervento ma se ne annunciano altri perché, come il Mattino ha documentato in queste settimane, a Napoli c’è una folla di murales e altarini. Pietà e considerazione sì, ma senza mai prescindere dalla legalità.

In carrozza! (a trovarla)

Pìù che un “lampo” servirebbe un libro, ma nel mare magnum delle parole lette e ascoltate ovunque ti volti ne aggiungo poche anche io. Tanto per partecipare, dal momento che è forte la sensazione che tutto quello che accade ti piova addosso a prescindere dalla tua volontà. Per gradi si è arrivati allo sfascio e serve l’uomo della provvidenza, che si chiami Draghi o meno. Merito sicuramente dello sfasciacarrozze di professione, ma lui ha trovato terreno fertile in un pasticcio che è iniziato, anche per rigetto, quando Beppe Grillo lanciò i suoi anatemi. E così siamo arrivati al capolinea. Stiamo messi male, meglio non fare previsioni. Che… Qualcuno ce la mandi buona.

Il virus della domenica

Per quanto io la domenica sera mi tenga alla larga, al contrario degli altri giorni, da La7 sono costretto a subire l’onta delle esibizioni di quel signore che non voglio neanche nominare, perché purtroppo, con i mezzi a lui più congeniali, provoca esattamente ciò che vuole. Eppure questo Vesuvio che erutta virus infettivi è insopportabile, sa di un razzismo becero, squallido, rozzo. Non so se analoga eruzione qualcuno oserebbe immaginare dalla bocca della “Bella madunina”. Il metodo non cambierebbe ma noi non siamo razzisti e mai ci sogneremmo una simile bestemmia. Leggo di proteste, ora anche quella dei dirigenti del Parco Vesuvio. No, basta. Lui vuole proprio questo.

Non sono numeri del Lotto

La querela di De Luca a Giletti contiene un elenco di notizie precise e corredate da numeri che se sono veri smentiscono lo showman televisivo. Del presidente della Regione Campania mi piace poco perché anche il buono viene sommerso dalle sue insopportabili parate, in passato talvolta divertenti e ora solo deprimenti. Ciò detto, i fatti fortunatamente sono testardi e, dunque, o i numeri di De Luca sono falsi o il querelato ne ha riportato altri falsi più che verosimili vista la differenza e le relative deduzioni. Lo deciderà un magistrato. Intanto io penso che, pur con tutti i difetti, De Luca non abbia mentito perché nessuno finora ha potuto confutare quei numeri.

De Luca e de Magistris, imperdonabile distanza

Per percorrere in auto i 2,55 km che separano via Santa Lucia 81 e palazzo San Giacomo si impiegano 14 minuti, a piedi per un chilometro e duecento metri ne servono 14.  Volendo, in una giornata di silenzio assoluto gli inquilini dei due palazzi potrebbero parlarsi con un megafono. Da anni invece solo accuse,  spesso velenose, attraverso social, giornali e televisioni. Quelle storiche volte in cui sono costretti a incontrarsi in un evento, non si salutano. Vero è che in Italia si litiga dappertutto e a tutti i livelli, ma il primato stabilito da De Luca e de Magistris sarà uno dei peggiori della storia di Napoli e delle istituzioni. A prescindere dalla pandemia, e a maggior ragione per essa. 

Quanti di noi positivi al Covid e non lo sappiamo

Antonio Menna, giornalista e scrittore, è positivo al Covid. Gli faccio l’augurio di superare al meglio la quarantena, ma ne scrivo perché lui in un post su Facebook racconta : «Ho fatto un tampone preventivo, senza sintomi, e mi sono chiuso in casa per precauzione da martedì. Lo considero un atto di responsabilità verso gli altri». Dopo aver sottolineato il suo comportamento di persona appunto responsabile è quasi naturale fare una considerazione sul fatto che lui si sia sottoposto al tampone ma poteva non farlo. Quanti di noi sono positivi e non lo sanno? Al di là dei numeri e dell’indice, che a volte ci sembra discutibile, questa è la più chiara statistica da tenere bene a mente. 

I murales ai Quartieri un’offesa a Giancarlo Siani

Agli studenti a cui si racconta il sacrificio di Giancarlo Siani per educarli alla legalità prima o poi bisognerà dare un consiglio supplementare: organizzare una visita guidata ai Quartieri per sostare davanti ai murales dedicati ai due baby-rapinatori  uccisi in servizio, vale a dire durante una rapina, e casomai a onorarli anche con ceri votivi. Ora è giusto riflettere sul contesto familiare e sociale in cui quei due ragazzi, anche loro vittime, sono cresciuti succhiando il latte della violenza e della sopraffazione, ma da qui a esaltarli quasi a alimentare il culto del loro “sacrificio” ci passa un abisso. In tal modo a quegli studenti si insegnerà che persone come Siani muoiono inutilmente. 

Scafarto, la Consip e l’istituzione

Un giudice dice bianco, l’altro dice nero. Così va la giustizia. Dunque, Giampaolo Scafarto, prosciolto un anno fa dal gup, è stato ora rinviato a giudizio per falso (l’ufficiale dei carabinieri avrebbe redatto un’informativa infedele nell’inchiesta Consip): sarà il processo a dimostrare la sua innocenza o il contrario, fatto sta che ieri si è dimesso da assessore alla legalità al Comune di Castellammare. Gesto corretto, ma perché il sindaco Cimmino volle correre il rischio di trovarsi in questa situazione? La presunzione d’innocenza dovrebbe essere un criterio valido ma ciò non esclude che nelle scelte istituzionali la prudenza sia ancora più valida. 

Muccino e la Calabria, che noia

Ci risiamo. Si parla della Calabria e i calabresi si risentono. Anche quando sono loro che incaricano chi deve parlar di loro. Ora è toccato al regista Gabriele Muccino chiamato dalla compianta Jole Santelli a raccontare la sua terra. Sul filmato lungo una mezza dozzina di minuti si è accesa una discussione molto vivace e mi pare sia prevalente il coro critico. Di mio aggiungo queste poche righe solo per dire che io dopo due-tre minuti mi sono annoiato desiderando che finisse. Ho avuto l’impressione che il regista la Calabria non la conosca. Poi mi sbaglierò. Passerà anche questa.

“Rompete le righe”, e si vede

Non so dire se il lookdown sia la linea giusta, ma mi fa riflettere l’intervista del Corriere della Sera a Anders Tegnell, l’epidemiologo che ha ideato la strategia svedese del “non chiudere tutto” per affrontare il Covid-19. Al momento la Svezia non è colpita dalla seconda ondata come gli altri paesi europei. Perché? Lui risponde: «In Svezia non abbiamo fatto il lookdown e non abbiamo riaperto nemmeno dopo il nostro “lookdown virtuale”, in pratica molti svedesi sono rimasti a casa». Anche durante questi mesi estivi durante i quali da noi il “rompete le righe” non dichiarato è stato pratica diffusa. E ora paghiamo.

De Luca, non fare il Trump

Il presidente della Regione Campania ha ironizzato alla sua maniera su Halloween definendola “un’americanata”. Dal mio punto di vista ha anche ragione ma lui se la poteva risparmiare perché l’eventuale necessità di divieti anti-covid sarebbe esistita lo stesso se la prossima festa fosse stata l’Immacolata o Natale, e non per questo avrebbe avuto da chiosare. Vincenzo De Luca, non strafare, tieni per te i giudizi e le battute, a noi campani premono, soprattutto in questo momento, le decisioni che adotti e non le tue opinioni e i tuoi gusti. Nel mondo c’è già Trump che ci preoccupa, non ti ci mettere pure tu.

 

La morte di Jole Santelli

Un brutto lampo. Leggo il flash della notizia della morte di Jole Santelli ed è una brutta notizia. Aveva 51 anni e soffriva da tempo di un tumore che era diventato sempre più aggressivo negli ultimi tempi, ma ha affrontato, al di là dei giudizi sul suo operato, con discrezione e coraggio una stagione estremamente difficile e senza precedenti della vita della sua terra, comune del resto a tutti il paese.  Ha preso anche decisioni contestate ma ha continuato a operare non facendo pesare le ansie per le sue condizioni. Si apre una fase inattesa e complicata per la Calabria. Ora solo un pensiero addolorato. 

Aggiungi un posto al tavolo

Nel totosindaco napoletano che, appena dopo il voto regionale, impazza a più non posso, mancano molti tasselli e fino alla scelta definitiva dei veri candidati se ne vedranno di belle e di brutte. Per ora un paio di aspiranti già ci sono: l’agnello forse sacrificale Alessandra Clemente e il verde Francesco Emilio Borrelli. Mentre nel  centrodestra si è ancora alla fase pre-pre, nel centrosinistra c’è grande agitazione benché  l’arrosto si scorga poco tra il denso fumo. Saranno molti i commensali in un tavolo con un solo coperto. E al momento è assente un nuovo potente interlocutore che irromperà sulla scena e che  sembra stare a guardare, sembra… Ogni riferimento a Vincenzo De Luca non è assolutamente casuale. 

Tra Atene e Sparta

Cosenza, l’Atene della Calabria, di Telesio, Campanella, dell’Accademia e, perché no, di Calatrava. Il documentario di Rai Storia ha insistito molto su questo titolo, certamente meritato per la storia ricchissima e le presenze di immenso valore culturale. I cosentini sono divisi. Legittimo orgoglio, sicuramente, ma anche qualche rilievo sui commentatori (tutti di fuori) e sul tono aulico. Soprattutto gli autori potevano risparmiarsi di esagerare esultando per la “nuova alba” della città. Pur tuttavia ai non cosentini e calabresi è arrivato un bel messaggio. Non sarà Atene e neanche, fortunatamente, Sparta, ma è una città straordinaria che meriterebbe molto di più.

Napoli mondiale

«È editore, è libraio e con il figlio Giancarlo tiene aperti due negozi che sono trincee di cultura e civiltà. Napoli sia orgogliosa di Raimondo Di Maio, dell’Averno della Glück e di se stessa». Così parlò José Vicente Quirante Rives sul Nobel della letteratura a Louise Glück. La piccola casa editrice Dante & Descartes di Raimondo Di Maio, che solitariamente ha pubblicato la poetessa, parla della Napoli che amiamo. Grazie a un’americana, uno spagnolo e a un napoletano europeo.

Orwell a Santa Lucia

In tempi di guerra disciplina di guerra. Ma, sempre che si sia in guerra,  alle proteste contro la decisione dell’Unità di crisi regionale di imporre ai direttori e medici di Asl e ospedali di non dialogare con la stampa, la Regione Campania replica: non c’è alcun bavaglio  ma solo la necessità di garantire notizie non distorte e di non provocare allarmismi. Potrebbe anche aver ragione, ma poi chi stabilisce il limite? I giornalisti fanno il loro mestiere (raccogliere e pubblicare notizie) e non devono mai smettere di farlo.

Napoli mondiale

«È editore, è libraio e con il figlio Giancarlo tiene aperti due negozi che sono trincee di cultura e civiltà. Napoli sia orgogliosa di Raimondo Di Maio, dell’Averno della Glück e di se stessa». Così parlò José Vicente Quirante Rives sul Nobel della letteratura a Louise Glück. La piccola casa editrice Dante & Descartes di Raimondo Di Maio, che solitariamente ha pubblicato la poetessa, parla della Napoli che amiamo. Grazie a un’americana, uno spagnolo e a un napoletano europeo.

Orwell a Santa Lucia

In tempi di guerra disciplina di guerra. Ma, sempre che si sia in guerra,  alle proteste contro la decisione dell’Unità di crisi regionale di imporre ai direttori e medici di Asl e ospedali di non dialogare con la stampa, la Regione Campania replica: non c’è alcun bavaglio  ma solo la necessità di garantire notizie non distorte e di non provocare allarmismi. Potrebbe anche aver ragione, ma poi chi stabilisce il limite? I giornalisti fanno il loro mestiere (raccogliere e pubblicare notizie) e non devono mai smettere di farlo.Orwell

Il Castello

Depurata da rituali pregiudizi sugli italiani, “Borgen” è una serie Netflix da vedere. Nel “castello” danese si raccontano la solitudine del potere, il ruolo della donna, gli intrighi e le trappole, i temi dei nostri tempi, l’informazione che cambia e non si sa se in meglio, un’idea di famiglia e tanto altro. Molto più di uno sceneggiato. Poi ci sarà pure del “marcio in Danimarca” ma qui non lo nascondono. Quando anche in Italia? Pensiamoci, “La piovra” ormai è preistoria.

Lingua mia, lingua tua

Lookdown, feedback, know-how, sold out, stage… Ora leggo in un titolone di un giornale importante “cluster” e mi chiedo quanti ne conoscano il significato. Una domanda volatile dal momento che poi un po’ alla volta tutti sapranno. La nostra lingua è viva, si rinnova giorno dopo giorno e nulla può contro gli inglesismi, che semplificano ovviamente più di un cinesismo. Consoliamoci ricordando che i giovani devono conoscere più lingue. Tutto cambia purché nulla si distrugga.

L’importante… era partecipare

Dello sport si amano la lealtà e le regole. E accetti di perdere se l’altro è più bravo purché le citate regole siano chiare. Specie quando in gioco ci sono soldi, soldi, soldi… e, ad abundantiam, entra in gioco un  calciatore dalle invisibili sembianze di un virus. Dunque, la Juve propone e la Lega Calcio dispone o viceversa. Non mi piacciono le rituali lamentele dei tifosi napoletani, ma oggi mi sento con loro. Attenzione, però, alla nemesi e ricordiamo Trump, Bolsonaro, Johnson… Meglio spegnere.

L’acceleratore che frena

Dello sport si amano la lealtà e le regole. E accetti di perdere se l’altro è più bravo purché le citate regole siano chiare. Specie quando in gioco ci sono soldi, soldi, soldi… e, ad abundantiam, entra in gioco un  calciatore dalle invisibili sembianze di un virus. Dunque, la Juve propone e la Lega Calcio dispone o viceversa. Non mi piacciono le rituali lamentele dei tifosi napoletani, ma oggi mi sento con loro. Attenzione, però, alla nemesi e ricordiamo Trump, Bolsonaro, Johnson… Meglio spegnere.

Le risposte senza domande

Conferenza stampa: intervista concessa da uomini politici o dello spettacolo, da sportivi ecc. a un gruppo di giornalisti, specialmente incentrata su un tema particolare. La definizione non è mia ma del vocabolario De Mauro. Occorrerebbe ricordarlo a chi ritiene più comodo farsi domande e risposte e caso mai di evitarle proprio le domande. I giornalisti dovrebbero rifiutare di parteciparvi se sono comizi. Dovrebbero…

Neanche le tombe insegnano

Si scoperchiarono anche le tombe nel cimitero nel 1998. La frana di Sarno fu devastante, tragica. La pioggia ieri ha rispolverato quelle immagini agghiaccianti. Vissi quei giorni da vicino perché dirigevo la cronaca salernitana del Mattino. Il tempo, in tutti i sensi, sembra non insegnarci nulla. Viaggiamo con un ‘utilitaria come se avessimo una Ferrari. Senza limiti andiamo a sbattere perché la Terra restituisce quello che le diamo.

Pasolini e la sconfitta

Pasolini riteneva “necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta” e preferiva “all’antropologia del vincente di gran lunga chi perde”. Non so se avesse ragione se penso all’ennesima sconfitta della sinistra-sinistra ridotta all’irrilevanza. Ma poi leggo che lui si riferiva alle nuove generazioni mentre qui a perdere sono le generazioni stagionate, come la mia. Le quali, più che essere educate, dovrebbero insegnare.

Giudizio, Pedro. Giudizio, Pedro​

Per vincere serve stare al centro con una pendenza, secondo necessità, ora a destra ora a sinistra. Il Pd, salvo qualche periodo di magra, non a caso è sulla scia della Dc che ha governato dalla nascita della Repubblica a Mani pulite. Ed anche quando sembra soccombere ecco che risorge dalle ceneri. Meglio farsene una ragione. Forse perché, manzonianamente, l’italiano medio ama procedere “adelante con juicio”. Finché può…

Il fine e i mezzi – Settembre 2020

In tempi in cui la morale non sembra stare in buona salute scomodo Machiavelli per chiedermi, e non sono il primo a farlo, se davvero il raggiungimento di uno scopo autorizzi la violazione di qualsiasi principio. Dipenderà anche dal fine dato che il mezzo dovrebbe contenere qualcosa, anche minima, di ciò che si vuole raggiungere. Altrimenti. Questo pensierino lo dedico a Vincenzo De Luca prima del suo trionfo.