Era il 1975. Sindaco di Castellammare il socialista Antonio Capasso, ci si apprestava a preparare il bilancio di previsione per il 1976. Io ero consigliere comunale. Mi venne l’idea di coinvolgere i cittadini in una maniera inconsueta e, inutile nasconderlo, in grado di creare un clima favorevole alla purtroppo risicata maggioranza di sinistra che amministrava la città: renderli direttamente partecipi dei contenuti del bilancio che si preparava per il loro Comune. Ne parlai con Liberato De Filippo, capogruppo del Pci e futuro sindaco per un brevissimo periodo nel quale io fui assessore all’urbanistica, e con Giovanni La Mura, assessore alle finanze. E li convinsi precisando anche che io non avevo le necessarie cognizioni tecniche e che sarebbe stato indispensabile il loro contributo. «Io vi chiederò – dissi loro – tutto: numeri, cifre, concetti, problemi, leggi. Voi mi risponderete su tutto e poi io realizzerò un quaderno da consegnare a tutti i cittadini con il bilancio del loro Comune». Si fidarono di me.

Ci vedemmo un pomeriggio inoltrato nello studio di Giovanni in via Nocera, lontano dal Municipio per poter lavorare in pace. Facemmo quasi l’alba. Sul mio taccuino una montagna di numeri e di appunti, tra i quali mi sembrava arduo raccapezzarmi ma che faticosamente rielaborai in un testo apparentemente semplice pur essendo complesso e non lineare. Poi mi rivolsi a mia sorella Ersilia, di cui conoscevo la bella calligrafia, e le chiesi di scrivere su un quaderno di scuola elementare di aritmetica (parlavamo di numeri!) il testo sviluppandolo graficamente in una maniera efficace e corredandolo, dove servisse, di disegni esplicativi. Lei fece un lavoro egregio. Poi feci controllare a La Mura, che non nascose la sua meraviglia, che numeri e concetti fossero al posto giusto, e, quindi, mi recai dal tipografo Boccia a Salerno al quale chiesi di stamparmi il quaderno con una copertina nera con l’etichetta piccola al centro in alto, come appunto si presentavano i quaderni di aritmetica di una volta della scuola elementare, e di stampare i testi in verde lasciando in nero la quadrettatura. Il risultato, sia detto senza autocompiacimento, fu straordinario. Il quaderno, che qui riproduco integralmente, fu diffuso tra i cittadini anche se la distribuzione avrebbe dovuto essere organizzata meglio dalla struttura comunale, ma fu un esempio di trasparenza e di rapporto corretto tra amministratori e cittadini. Non nascondo che fui molto contento quando per la precisione giuridica del testo ricevetti i complimenti di grandi esperti di pubblica amministrazione tra cui Silio Aedo Violante e Diego Del Rio. Il “Quaderno” ebbe anche una certa risonanza se è vero che fu copiato, letteralmente copiato anche per la parte grafica, i colori e la scrittura di mia sorella,, con la sola modifica delle cifre di bilancio, da alcuni comuni importanti dell’Emilia Romagna, tant’è che uno di loro lo decantò al settimanale “Vie Nuove” in un servizio a più pagine come una propria opera costringendomi a imporre alla rivista di ripristinare la paternità (del mio Comune, ovviamente, e non mia) con un articolo sul numero successivo.